Di Daniele Carrano e Claudia Cesiro
La sostenibilità è il tema al centro del dibattito sul futuro delle imprese, in grado di influenzare tutti gli assetti. Per l’impresa, infatti, non si tratta di una semplice innovazione organizzativa, ma dell’inizio di un cambiamento profondo nel sistema economico generale.
Finora la legislazione italiana ed europea si è occupata di sostenibilità solo a livello di grande impresa, come per il d.Lgs 254/2016 in attuazione della direttiva 2014/95/UE, per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte degli EIP (ossia Enti di Interesse Pubblico) e dei gruppi di grandi dimensioni, ossia aziende con un attivo superiore ai 20 milioni di euro e con un numero medio di 500 dipendenti. Come se non bastasse, il nuovo Codice di Corporate Governance del 2020 stabilisce che: “L’organo di amministrazione guida la società perseguendone il successo sostenibile” (Art.1, principio 1). Il successo sostenibile viene definito “un obiettivo che guida il consiglio di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore di lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”. E, in questo contesto, il piano industriale è “il documento programmatico nel quale sono definiti gli obiettivi strategici dell’impresa e azioni da compiere al fine di raggiungere tali obiettivi in coerenza con i livelli di esposizione al rischio prescelto, nell’ottica di promuovere il successo sostenibile della società”.
A livello europeo ed internazionale sono molti i segni di un coinvolgimento crescente di ogni tipo di azienda verso la sostenibilità. Ad esempio, gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritta nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, stabilisce 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030. I 17 obiettivi mirano a porre fine alla povertà, a lottare contro l‘ineguaglianza, ad affrontare i cambiamenti climatici, a costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.
A livello nazionale lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 è rappresentato dalla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata dal CIPE con Delibera n. 108/2017. Si tratta di un provvedimento che prevede un aggiornamento triennale e “che definisce il quadro di riferimento nazionale per i processi di pianificazione, programmazione e valutazione di tipo ambientale e territoriale per dare attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite”. Strutturata in cinque aree di intervento, corrispondenti alle “5P” dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030:
- Persone: contrastare povertà ed esclusione sociale e promuovere salute e benessere per garantire le condizioni per lo sviluppo del capitale umano;
- Pianeta: garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, contrastando la perdita di biodiversità e tutelando i beni ambientali e colturali;
- Prosperità: affermare modelli sostenibili di produzione e consumo, garantendo occupazione e formazione di qualità;
- Pace: promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione. Contrastare l’illegalità;
- Partnership: intervenire nelle varie aree in maniera integrata.
Se maggiore è l’impegno verso la sostenibilità anche il mondo della piccola impresa, che in Italia sono circa 220 mila aziende, ne sarà presto coinvolto.
Nel codice civile, l’articolo 2247 sullo scopo di lucro delle aziende non ha mai subito cambiamenti: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili.”
Dato che sempre di più si assiste allo spostamento dello scopo di una società verso la creazione di valore e il successo sostenibile, invece che la divisione degli utili, ciò porterebbe a un nuovo concetto di responsabilità, che ben presto impatterà anche su ogni tipo di impresa, comprese le piccole.
La creazione di valore diventa quindi il tema centrale sia per la sostenibilità, sia per lo sviluppo d’impresa. Dagli anni ’70 ad oggi, nell’”economia della conoscenza”, la creazione di valore d’impresa dipende sempre meno dal capitale tangibile o materiale (come gli investimenti, macchinari e altre unità misurabili) e sempre più legata al capitale intangibile (intangible asset), ossia quell’insieme di: capitale relazionale (relazione con la clientela, interazione, informazione), tecnologie proprietarie (brevetti e know-how), proprietà intellettuale, marchi, best practices e altro rispetto al capitale materiale, che influenza la crescita delle impresa e la sua performance e che attualmente il bilancio non intercetta.
L’obbligatorietà di fornire informazioni di carattere non finanziario per la sostenibilità, e quindi relative al capitale immateriale, porta l’attenzione sulla necessità di rintracciare una metodologia in grado di misurare in modo concreto l’impatto dell’intangibile all’interno dell’attività d’impresa, e se oggi riguarda solo le grandi imprese ben presto riguarderà anche il mondo delle pmi.
In questo quadro, è importante per le aziende prepararsi ai cambiamenti in atto, che riguarderanno anche il ruolo dei dottori commercialisti in impresa. Lo sviluppo di strumenti come: l’analisi dati attraverso una pluralità di indici economico-finanziari per la misurazione del capitale intangibile e quindi della creazione di valore, la preparazione di business plan e piani industriali ai fini di perseguire il successo sostenibile, la redazione di budget e altri strumenti, se oggi marginali o comunque non familiari nella piccola impresa, diventeranno strumenti sempre più usuali e centrali per monitorare la creazione di valore e perseguire obiettivi di sostenibilità. Tutti questi cambiamenti impatteranno fortemente sul lavoro di professionisti come i dottori commercialisti e i consulenti, che modificando le loro prestazioni, si troveranno anche a gestire la sostenibilità come un’occasione di crescita professionale.
Daniele Carrano è dottore commercialista iscritto all’Ordine e nel Registro dei Revisori Legali.
Opera nel settore della consulenza aziendale e societaria, occupandosi in particolare di pianificazione economico-finanziaria e risanamento aziendale, sia come advisor che come attestatore.
Claudia Cesiro è una consulente marketing specializzata in branding. Si occupa dello sviluppo di start-up e di pmi accompagnando le imprese nel loro percorso di crescita a livello internazionale.
Fonti:
https://www.agenziacoesione.gov.it/comunicazione/agenda-2030-per-lo-sviluppo-sostenibile/
https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/Galletti/Comunicati/snsvs_ottobre2017.pdf
https://www.ilsole24ore.com/art/il-successo-sostenibile-deriva-buona-governance-AEQmfG5B
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/01/10/17G00002/sg
CONVEGNO NAZIONALE CNDCEC 2022 “Sostenibilità: il nuovo scopo delle imprese e le esigenze collettive”